Pensavo a quante volte in questi anni ho dovuto voltare pagina. Tante. La maggior parte delle volte sono stata costretta per preservare la mia dignità e la mia libertà e per poter continuare a fare questo mestiere con la schiena dritta. La grande fortuna è che non ho mai dovuto fare passi indietro anzi sono sempre andata a migliorare e questo non è un fatto scontato. Sono contenta. Vado a fare il programma di servizio pubblico per antonomasia, Mi Manda Rai Tre che quest’anno ha una parte importante dedicata all’inchiesta giornalistica. E qui entro in gioco io. Nella mia prima inchiesta mi sono occupata del fiume Sarno perché alcuni telespettatori ci avevano chiesto di indagare. Lo abbiamo fatto e sono venute fuori una serie di responsabilità di aziende, ma anche di enti che per anni non solo hanno lasciato che nel fiume si sversasse qualsiasi cosa, ma soprattutto non hanno speso i tanti soldi (ce ne erano veramente una vagonata) per realizzare fogne, collettori e impianti riducendo un fiume che sarebbe una risorsa per il territorio in una vera e propria cloaca. Sappiamo che procura e carabinieri proprio in questi giorni stanno lavorando e aspettiamo i risultati. Nel frattempo noi abbiamo fatto la nostra parte di giornalisti. Ecco, riparto da qui, accanto ad un amico e professionista di rara bravura, instancabile lavoratore come Federico Ruffo (per me anche uno dei migliori conduttori in circolazione) e ad una squadra di autori e colleghi invidiabile. Aspettiamo i vostri feedback e le vostre segnalazioni.
P.S. a chi mi vuole male: io vado avanti a testa alta. E voi?
amalia de simone
“Ezio Bosso, le cose che restano”
C’entro anche io con questo film a Venezia. Vi spiego che c’entro. Ezio Bosso era amatissimo ma anche molto detestato. Molti musicisti “classici”, quelli che hanno sputato sudore nei conservatori e nei teatri gli invidiavano il successo. E la sua disabilità diventava pomo della discordia. “Ehh lui fa i concerti, ha gli incarichi perché è disabile, perché fa pena, non è bravo. Non ci può dirigere, non ha capacità e competenze”, dicevano alcuni. Il confine tra la critica e la discriminazione è molto labile quando si parla di queste cose. Si rischia di essere violenti. E Ezio Bosso era uno che non la mandava a dire. Regiva eccome. Ma soffriva anche di questa sorta di emarginazione. Lui comunque era uno lontano da certi giochi. Nella musica come nell’accademia spesso vanno avanti i “figli di”, magari bravini ma non sempre eccezionali. Almeno nelle posizioni di rilievo e in quelle di potere. Sì deve sempre qualcosa ad un potente che magari ti mette davanti un figlio ( quanti ne ho visti anche nel giornalismo ). I musicisti figli o non figli non sono estranei alle frustrazioni soprattutto di fronte ad un talento che non comprendono e di fronte ad una persona libera. Ezio Bosso lo era, talentuoso e libero. E questa cosa dava fastidio. Emozionava, creava attenzione, portava alla musica classica e al teatro persone che altrimenti non si sarebbero mai avvicinate a questo mondo. Esiste una vittoria più grande? eppure i suoi colleghi lo boicottavano. Gli preferivano magari“il figlio di”. Meglio l’ordinario anche se distorto. Ciò che è straordinario spaventa sempre. Chi mischia le carte diventa scomodo. Ecco io cosa ho fatto. Sono entrata in questo spaccato della vita di Ezio Bosso che gli ha fatto dire “non ho il fisico per dirigere un ente lirico”. Penso che raramente ho incontrato tanta omertà, eppure sapete bene che normalmente mi misuro con temi che hanno a che fare con mafie e criminalità o comunque con fatti di nera.Nessuno voleva parlare di Ezio Bosso. Mi è quasi sembrato un caso. Nessuno voleva ricordare. In pochissimi hanno accettato di parlare di queste vicende E solo uno di comparire davanti alla telecamera. Strano no? Ovviamente questa è solo una distrazione che mi sono concessa dal mio o lavoro diciamo “normale ”. L’ho fatto con Giorgio Verdelli come già è successo per lo speciale di Vasco Rossi perché per fortuna me ne dà l’opportunità e soprattutto perché so che alla fine il prodotto che Giorgio realizza è sempre qualcosa di grande qualità e che è capace di lasciare una traccia. Il film è veramente particolare ed è alla Mostra del Cinema di Venezia. Giorgio Verdelli mi ha proposto questo lavoro mentre stavo affrontando una battaglia lavorativa molto complicata e molto dolorosa. Sinceramente penso che come in tante altre cose, chi mi ha fatto la guerra i festival del cinema di Venezia lo può vedere solo da spettatore o con qualche lauta marchetta.

“La rivoluzione delle donne” all’isola del Giglio
C’è Eddi che è andata a sostenere le donne rivoluzionarie nel Rojava e ora è sorvegliata speciale e la sua mamma che ha sofferto per lei perché “i figli sono del mondo”. C’è Lorenza che racconta di artiste rivoluzionarie e di mostri e la sua mamma che guidò la protesta per respingere due implicati nella strage di piazza fontana mandati sull’isola del giglio (processata insieme agli altri “facinorosi” sono gli unici condannati nella storia di una strage rimasta impunita). Ci sono le tante donne che non si nascondono, si battono, parlano, resistono con piccoli gesti quotidiani. Che bella l’Isola del Giglio. Grazie alle tante persone che mi hanno fermato, salutato, raccontato, ascoltato. È sempre un privilegio.
Ps. La t shirt che indosso è stata disegnata da un ragazzino che ha un talento incredibile ed è figlio di due persone a cui voglio tanto bene Marilù Musto e Raffaello Magi. Se la volete anche voi sappiate che serve a sontenere un’associazione che fa cose importanti e potete contattare.
Sound of Gangs, rivedetelo su RaiPlay
“Facciamo un programma di qualità e contenuti, senza stare a pensare alle regole degli ascolti. Portiamo notizie e storie dal mondo. Parliamo di cose che in tv arrivano sempre più di rado. Lo chiamiamo “Il Fattore Umano“, in un tempo in cui nel silenzio i diritti umani sono spesso calpestati”, disse un bel po’ di mesi fa quella guerriera di Annamaria Catricalà, una delle perle più preziose della Rai e della tv italiana in generale. In un anno in cui ho dovuto rompere e combattere con editori (mercanti in fiera direi…) che sono sempre di più una pallida rappresentazione di quel ruolo, che sono concentrati solo su prodotti commerciali e all’acqua di rose, che non pagano, che sfruttano, sentire quelle parole di Annamaria e vedere l’appassionato lavoro fatto insieme con Raffaella Pusceddu (anche lei un’autrice preziosa) e Luigi Montebello, regista bravissimo e di belle speranze con cui avevo già lavorato a Rec è stata per me una cura. Si una vera cura. Nonostante le difficoltà. Perché anche se 45 minuti scivolano via veloci, dietro c’è un lavoro veramente complesso.
Ho scelto ancora una volta che mi affiancasse Simona Petricciuolo alla quale chiedo scusa per le tante situazioni “al limite” in cui l’ho coinvolta, ma che spero sia contenta perché credo ne sia valsa la pena. “Sound of gangs” è un lavoro tra l’inchiesta e il reportage che volevo fare da tempo e questa trasmissione a cui stiamo lavorando da mesi e che ha ancora due belle puntate in gioco, mi ha permesso di realizzarlo al meglio. Dentro ci sono tanti fatti inediti, tante notizie, tanti personaggi che non è scontato che si concedano ad un giornalista e ad una telecamera. E c’è un racconto di una generazione che sempre più spesso rischia di perdersi. Perché si nasce in contesti complicati o perché si è vittima di fascinazioni pericolose. Se non c’è possibilità di vivere una infanzia ed adolescenza “piene” o ci sono poche opportunità o se si muore per caso o per niente o non c’è libertà di esprimersi beh, allora c’è una grossa violazione dei diritti umani. Il sottoproletariato mafioso genera bande criminali di giovanissimi capaci di inconsapevole crudeltà. E questo avviene in tutto il mondo.
Ho scelto Napoli e Londra perché della prima sanno tutti e la seconda registra numeri incredibili (oltre 100 morti all’anno per le gangs e quasi tutti sono ragazzini con meno di 21 anni). Le ho scelte per l’originalità della drill music e per le storie che rappresentano.
Voglio fare un po’ di ringraziamenti. A chi ha lavorato al programma e che però non si vede mai: Cecilia Feriozzi, Manuela Sinibaldi, Monica Pacini per la produzione (impareggiabili problem solver tra l’altro) e Duilio Francioli per il montaggio (mi ha sopportato per giornate intere in due lunghe fasi di lavorazione). Poi i colleghi che ci hanno dato spazio: Radio1 Rai con Moka e Giovanni Acquarulo, RaiNews 24 con tutta la squadra e il mitico direttore Andrea Vianello e l’amico mio Vittorio Di Trapani, Ciro Oliviero con il suo giornale, TPI che sono un’altra bella famiglia e il direttore Giulio Gambino, i miei amici di Report e il big boss Sigfrido Ranucci. Grazie per il supporto a Salvatore Presutto e Anna Maria Giaquinto e anche a Davide Mamone, con cui spero di lavorare presto. Grazie a Massimo D’Ambra, Paola Zukar, Real – Salvatore Bocchetti, Vale Lambo, Andrè – Andrea Schiavone, Carlo Epifani e Antonio Bosso del Il Tappeto di Iqbal, Sheldon Thomas di Gangsline, Corey Johnson, Lorraine Jones, Jermain Lawlor, Davide Palmisano e tutti i testimoni che ho dovuto coprire per motivi di sicurezza e tutela della fonti. Un ringraziamento speciale a Susy Sannino e al piccolo Manuele (della Fondazione Famiglia di Maria) che con generosità hanno raccontato un pezzettino della loro vita per avere speranza e darne agli altri regalandoci un finale emozionante. Infine ringrazio ognuno di voi, amici e non, che avete avuto un commento, uno sguardo, l’attenzione per il nostro lavoro. Metto per ora un punto ad un anno difficilissimo per tanti motivi per provare a ricominciare tra qualche settimana. Spero che il Fattore Umano abbia lunga vita. Nel frattempo se volete la puntata è già su RaiPlay o cliccando sull’immagine qui sotto.

A RaiNews24 per Sound of Gang, Il Fattore Umano – Rai3
Sono stata ospite a Rai News 24 per parlare di “Sound of Gangs”, il reportage realizzato per la trasmissione “Il Fattore Umano” in onda lunedì 2 agosto in seconda serata su Rai 3.
Sound of Gangs, il promo
Ecco il nostro promo. Un racconto immersivo nel fenomeno delle gangs a cavallo di due città: Londra e Napoli.
Ex affiliati, gangster, vittime innocenti, produttori musicali sono i protagonisti di una storia che rimbalza da Napoli a Londra e che racconta di ragazzini cresciuti nella violenza e di una musica che a volte è apologetica della vita criminale e altre volte è un mezzo di riscatto. Scotland Yard ha richiesto l’eliminazione di almeno 50 video da Youtube, sostenendo che la drill renda l’omicidio “glamour” e che le gang usino questi video per sfidarsi tra loro. Nel 2018 a Londra sono state uccise 133 persone, la maggior parte ragazzi.
Lunedì 2 agosto su Rai3, dopo Report, il reportage mio e di Simona Petricciuolo “Sound of Gangs”, per “Il Fattore Umano”, realizzato con Raffaella Pusceddu e Luigi Montebello, con l’aurea di Annamaria Catricalà
Grazie ad Anna Maria Giaquinto per l’aiuto (senza di lei sarebbe stato tutto più complicato). Grazie a Cecilia Feriozzi e Manuela Sinibaldi per organizzazione e produzione.
Il mio “Caine”
E quindi Caine è nata. Grazie per aver accolto questo lavoro e tutto l’amore e la stima che mi sono arrivati. E’ stato un percorso intenso, bellissimo ma anche molto difficile. Anche professionalmente. Dover immaginare il film, realizzare le interviste, fare le riprese e poi vedere e montare giornate intere di girato (per fortuna qui c’era anche Simona Petricciuolo con cui ho la fortuna di lavorare), è stato complicato e sorprendente. Ma a me piacciono le sfide e quindi sono andata fino in fondo. D’altronde non poteva che essere così perché capite bene che entrare nelle carceri in questo modo non è ordinario. Ora ripenso a tante cose e magari ve le racconto più giù su questo post, appena avrò finito i miei ringraziamenti. Caine arriva in un momento non semplice della mia vita professionale e umana e per me è balsamo sui lividi. Grazie ad Assia Fiorillo, questo lavoro non avrei potuto farlo con nessun altra e grazie per avermi fatto partecipare ai testi delle tue canzoni. Grazie a Simona per tutto l’aiuto. Grazie alle ragazze detenute per aver voluto scambiare con me un po’ di vita, grazie alle direttrici delle carceri di Fuorni e Pozzuoli Rita Romano e Carlotta Giaquinto. Grazie alle educatrici Monica Innamorato e Adriana Intilla, grazie alle agenti di polizia penitenziaria. Grazie alla Rai3, a tutto lo staff di Doc3 e soprattutto ad Annamaria Catricalà e Fabio Mancini. Grazie ad Anna Riccardi per aver organizzato la più emozionante proiezione possibile. Grazie a chi c’era. Grazie a chi mi ha scritto (conto almeno un migliaio di contatti). Grazie a tutti i colleghi che si sono occupati di Caine: maurizio mannoni e Tg3 Linea Notte, Radio Rai, Radio Marte, Carmen Credendino, Gianni Simioli e Radio Marte, Marta Serafini e il Corriere della Sera, @Enzo D’Errico e il Corriere del Mezzogiorno, @ciro oliviero, Il Fatto Quotidiano, Giovanna Trinchella, Maria Nocerino, Giorgio Verdelli e poi grazie a Sergio D’Angelo, grazie a Salvatore Isaia e a Eleonora de Majo.
Se volete rivedere Caine o volete consigliarlo ora è su Raiplay.
Vi lascio raccontandovi il percorso emozionale di questo lavoro che ho scritto ieri per il Corriere del Mezzogiorno:
“Non ci avevo mai pensato veramente ai sensi di colpa, al dolore per la mancanza delle persone che ami, alla sensazione di fallimento per una vita buttata via, alla frustrazione di camminare in circolo in pochi metri quadri scansando le spalliere dei letti a castello, alla sensazione di dover mettere da parte ogni pudore se vuoi piangere, se vuoi ridere, se vuoi amarti, se hai fame, se vuoi solo restare zitta e se desideri che gli altri stiano in silenzio. Non ci avevo mai pensato che a volte si può non dormire per settimane intere perché la colpa ti sfonda lo stomaco o per le urla di una tua compagna di cella che è in crisi di astinenza. Tu non puoi farci nulla. Proprio nulla. Non ci avevo mai pensato che a volte si può avere paura perfino di uscire dalla galera perché non si sa se si troverà qualcuno disposto a riabbracciarti o perché sarà difficile che non ti considerino una reietta, uno scarto della società, perché sarà difficile che ti diano un’opportunità per lavorare e sarà invece facilissimo ritornare nell’abisso di una esistenza criminale. Non ci avevo mai pensato nonostante la strada, la tanta cronaca, il lavoro immersivo fatto per provare a capire e raccontare. Poi un giorno mi è stata data la possibilità di varcare la soglia di due penitenziari e di poterlo fare per tanto tempo tutte le settimane. Volevo provare a fare un documentario/reportage sulle donne detenute, sulle loro storie e in qualche modo raccontare con uno sguardo diverso il nostro territorio. Come sempre senza fare sconti o fornire alibi ma cercando di andare a fondo nelle cose e usando un pretesto che potesse toccare le corde di tutti, la musica.
“Caine” è nato così, come la testimonianza di un esperimento. È il racconto dello scambio tra le detenute e una cantautrice fuori dall’ordinario, Assia Fiorillo, e alla fine anche con me che riprendevo, ne facevo la cronaca e provavo a costruire un racconto che fosse rispettoso della verità e delle loro vite. Alla fine tutto questo si è trasformato in una canzone scritta da tante mani e tante anime e in un documentario che è il racconto autentico di una città controversa e appassionata come è Napoli.
Nel documentario così come nella canzone “Io sono te”, che anticipa il disco in uscita di Assia, abbiamo messo insieme i loro pensieri, costruendo un testo che rappresentasse sia loro che noi e comunque tutto quello che stavamo vivendo. Il carcere e i diritti umani, la strada, la zona grigia di certi quartieri, l’ineluttabilità di certi destini, la vita criminale, il pentimento, il non pentimento, la maternità, l’esempio (nel bene e nel male), l’amore e la lontananza, la rabbia, il riscatto, la solitudine, la malinconia. E poi anche il mondo di chi sta fuori, la consapevolezza che l’errore può capitare a tutti e che non è indifferente nascere e crescere in determinati contesti o avere un vissuto declinato sul dolore o sulla rabbia. Caine è la consapevolezza che il Caino della Bibbia ma anche quello di Saramago, non nasce così: Caino si diventa, Caino è il prodotto di un contesto e di una esistenza. E allora il documentario è anche un modo per abbattere un muro che qualche volta ci fa pensare di essere i giusti e vedere chi sta dietro le sbarre solo come i reietti. Invece mischiarsi le vite aiuta a capire, aiuta a leggere meglio la storia di cui siamo tutti costruttori.
In questo puzzle di emozioni e notizie ho avuto due compagne di viaggio: Assia, che è stata sempre con me in carcere, e Simona Petricciuolo, giornalista di razza con cui lavoro da tanti anni (per fortuna). E poi ci sono loro. C’è Anna, cresciuta in un quartiere in cui i bambini di 9 anni spacciano e per questo dopo il suo arresto uno dei suoi figli è stato dato in adozione.
C’è Giusi, leader di una piazza di spaccio che racconta di come i soldi sporchi siano illusori e di come si può morire per caso. Con Giusi c’è anche Jessica, giovanissima appartenente ad una famiglia di camorra. Le due ragazze si sono conosciuta dietro le sbarre e vorrebbero sposarsi presto.
C’è Valentina giovanissima rapinatrice per noia. C’è Giovanna che ora è uscita e vuole insegnare ai suoi figli il valore dei soldi puliti e spera che qualche associazione la accolga per la messa in prova.
C’è Mutu, con il corpo devastato dalle violenze degli uomini e ora in carcere per aver cercato di ammazzare il compagno.
C’è Giovanna che doveva scegliere tra la prostituzione e lo spaccio.
E poi c’è la vita dietro le sbarre: i pranzi, i giochi, la sofferenza, i compleanni, il Natale, l’incontro con i bambini. E c’è il mondo fuori che va avanti anche senza di loro”.
Stasera “Caine” su Rai3
Allora stasera alle 23.30 saró a Tg3 Linea Notte per parlare di Caine, il documentario in onda subito dopo, a mezzanotte, su Raitre per la trasmissione Doc3. Parlerò anche di Io Sono Te, la canzone colonna sonora del documentario e primo singolo di Assia Fiorillo.
Poi raggiungerò la Fondazione Famiglia di Maria a San Giovanni a Teduccio dove mi aspettano Anna Riccardi e le sue mamme, oltre a tutta la ciurma di Caine per vedere in diretta il documentario. 




