È recente la notizia della morte di un giovane che aveva mangiato pesce crudo in un ristorante nel napoletano; dalle indagini sembra che ci fossero tracce di salmonellosi negli alimenti. Come è possibile per il consumatore riconoscere un cibo sicuro, soprattutto nei numerosi ristoranti dove si può mangiare tutto, con la formula “all you can eat”, spesso a prezzi davvero bassi.
Continua a leggereamalia de simone
Il racket delle case
Ve la ricordate la casa della novantenne occupata nella zona di Pizzofalcone a Napoli? Ecco come sono entrati: usando un flex per scardinare un cancello (strano che nessuno abbia sentito e visto niente, caspita che isolamento acustico queste vecchie case!). Chi è stato? Il cognome lo potete leggere sui muri del quartiere insieme a quello di un altro clan. Se avete la pazienza di seguirci su Rai tre – Mi Manda Rai Tre, vi faremo sentire un po’ di testimonianze, vedremo come hanno ridotto la casa della signora e cosa risponde il comune, oltre alla denuncia di Francesco Emilio Borrelli.
Continua a leggereI “cibi senza”
Negli ultimi anni sugli scaffali dei negozi e sulle tavole degli italiani è aumentata la presenza di prodotti “senza”: senza glutine o zucchero o latte o uova. Il giro di affari si attesta intorno ai 7 miliardi di euro: come si spiega questo boom di richieste da parte dei consumatori?
Continua a leggereL’agricoltura italiana fra agromafie e caporalato
Nella filiera agroalimentare, in Italia e all’estero, non si devono solo fare i conti con l’aumento dei prezzi dal produttore al venditore; da tempo c’è un’altra insidia: la criminalità organizzata che si annida nel percorso dei prodotti per raggiungere le tavole dei consumatori, mettendo in ginocchio produttori, imprenditori e creando un danno grave al Made in Italy e ai prezzi al dettaglio, che aumentano per mancanza di concorrenza leale.
Continua a leggereGli aumenti della filiera agroalimentare e i rincari delle materie prime
Ho provato a capire perché a volte frutta e verdura sono carissime. Ai produttori vanno pochi spiccioli e noi per mangiare beni di prima necessità spendiamo tanti soldi. Che succede nel corso della filiera? Furbetti, capitalisti, caporali, mafiosi in un percorso ad ostacoli su e giù per l’italia.
Continua a leggereL’inquinamento dei fiumi italiani e le insidie degli investimenti online
Su RaiPlay la puntata di Mi Manda Rai Tre in cui c’è la mia inchiesta sul Sarno.
Un fiume rosso o nero, carico di immondizia, detriti e degli scarti della lavorazione del pomodoro: è quello che succede al fiume Sarno, colpito da un inquinamento gravissimo che coinvolge anche la rete idrica: la magistratura sta indagando per risalire alla fonte dell’inquinamento, un disastro ambientale che va avanti da quasi quarant’anni. Eppure le telecamere di “Mi manda RaiTre” hanno colto anche tratti di acqua limpidissima, in quel fiume inquinato.
Continua a leggerePer me una nuova sfida con le inchieste di Mi Manda Rai Tre
Pensavo a quante volte in questi anni ho dovuto voltare pagina. Tante. La maggior parte delle volte sono stata costretta per preservare la mia dignità e la mia libertà e per poter continuare a fare questo mestiere con la schiena dritta. La grande fortuna è che non ho mai dovuto fare passi indietro anzi sono sempre andata a migliorare e questo non è un fatto scontato. Sono contenta. Vado a fare il programma di servizio pubblico per antonomasia, Mi Manda Rai Tre che quest’anno ha una parte importante dedicata all’inchiesta giornalistica. E qui entro in gioco io. Nella mia prima inchiesta mi sono occupata del fiume Sarno perché alcuni telespettatori ci avevano chiesto di indagare. Lo abbiamo fatto e sono venute fuori una serie di responsabilità di aziende, ma anche di enti che per anni non solo hanno lasciato che nel fiume si sversasse qualsiasi cosa, ma soprattutto non hanno speso i tanti soldi (ce ne erano veramente una vagonata) per realizzare fogne, collettori e impianti riducendo un fiume che sarebbe una risorsa per il territorio in una vera e propria cloaca. Sappiamo che procura e carabinieri proprio in questi giorni stanno lavorando e aspettiamo i risultati. Nel frattempo noi abbiamo fatto la nostra parte di giornalisti. Ecco, riparto da qui, accanto ad un amico e professionista di rara bravura, instancabile lavoratore come Federico Ruffo (per me anche uno dei migliori conduttori in circolazione) e ad una squadra di autori e colleghi invidiabile. Aspettiamo i vostri feedback e le vostre segnalazioni.
P.S. a chi mi vuole male: io vado avanti a testa alta. E voi?
“Ezio Bosso, le cose che restano”
C’entro anche io con questo film a Venezia. Vi spiego che c’entro. Ezio Bosso era amatissimo ma anche molto detestato. Molti musicisti “classici”, quelli che hanno sputato sudore nei conservatori e nei teatri gli invidiavano il successo. E la sua disabilità diventava pomo della discordia. “Ehh lui fa i concerti, ha gli incarichi perché è disabile, perché fa pena, non è bravo. Non ci può dirigere, non ha capacità e competenze”, dicevano alcuni. Il confine tra la critica e la discriminazione è molto labile quando si parla di queste cose. Si rischia di essere violenti. E Ezio Bosso era uno che non la mandava a dire. Regiva eccome. Ma soffriva anche di questa sorta di emarginazione. Lui comunque era uno lontano da certi giochi. Nella musica come nell’accademia spesso vanno avanti i “figli di”, magari bravini ma non sempre eccezionali. Almeno nelle posizioni di rilievo e in quelle di potere. Sì deve sempre qualcosa ad un potente che magari ti mette davanti un figlio ( quanti ne ho visti anche nel giornalismo ). I musicisti figli o non figli non sono estranei alle frustrazioni soprattutto di fronte ad un talento che non comprendono e di fronte ad una persona libera. Ezio Bosso lo era, talentuoso e libero. E questa cosa dava fastidio. Emozionava, creava attenzione, portava alla musica classica e al teatro persone che altrimenti non si sarebbero mai avvicinate a questo mondo. Esiste una vittoria più grande? eppure i suoi colleghi lo boicottavano. Gli preferivano magari“il figlio di”. Meglio l’ordinario anche se distorto. Ciò che è straordinario spaventa sempre. Chi mischia le carte diventa scomodo. Ecco io cosa ho fatto. Sono entrata in questo spaccato della vita di Ezio Bosso che gli ha fatto dire “non ho il fisico per dirigere un ente lirico”. Penso che raramente ho incontrato tanta omertà, eppure sapete bene che normalmente mi misuro con temi che hanno a che fare con mafie e criminalità o comunque con fatti di nera.Nessuno voleva parlare di Ezio Bosso. Mi è quasi sembrato un caso. Nessuno voleva ricordare. In pochissimi hanno accettato di parlare di queste vicende E solo uno di comparire davanti alla telecamera. Strano no? Ovviamente questa è solo una distrazione che mi sono concessa dal mio o lavoro diciamo “normale ”. L’ho fatto con Giorgio Verdelli come già è successo per lo speciale di Vasco Rossi perché per fortuna me ne dà l’opportunità e soprattutto perché so che alla fine il prodotto che Giorgio realizza è sempre qualcosa di grande qualità e che è capace di lasciare una traccia. Il film è veramente particolare ed è alla Mostra del Cinema di Venezia. Giorgio Verdelli mi ha proposto questo lavoro mentre stavo affrontando una battaglia lavorativa molto complicata e molto dolorosa. Sinceramente penso che come in tante altre cose, chi mi ha fatto la guerra i festival del cinema di Venezia lo può vedere solo da spettatore o con qualche lauta marchetta.

“La rivoluzione delle donne” all’isola del Giglio
C’è Eddi che è andata a sostenere le donne rivoluzionarie nel Rojava e ora è sorvegliata speciale e la sua mamma che ha sofferto per lei perché “i figli sono del mondo”. C’è Lorenza che racconta di artiste rivoluzionarie e di mostri e la sua mamma che guidò la protesta per respingere due implicati nella strage di piazza fontana mandati sull’isola del giglio (processata insieme agli altri “facinorosi” sono gli unici condannati nella storia di una strage rimasta impunita). Ci sono le tante donne che non si nascondono, si battono, parlano, resistono con piccoli gesti quotidiani. Che bella l’Isola del Giglio. Grazie alle tante persone che mi hanno fermato, salutato, raccontato, ascoltato. È sempre un privilegio.
Ps. La t shirt che indosso è stata disegnata da un ragazzino che ha un talento incredibile ed è figlio di due persone a cui voglio tanto bene Marilù Musto e Raffaello Magi. Se la volete anche voi sappiate che serve a sontenere un’associazione che fa cose importanti e potete contattare.
Sound of Gangs, rivedetelo su RaiPlay
“Facciamo un programma di qualità e contenuti, senza stare a pensare alle regole degli ascolti. Portiamo notizie e storie dal mondo. Parliamo di cose che in tv arrivano sempre più di rado. Lo chiamiamo “Il Fattore Umano“, in un tempo in cui nel silenzio i diritti umani sono spesso calpestati”, disse un bel po’ di mesi fa quella guerriera di Annamaria Catricalà, una delle perle più preziose della Rai e della tv italiana in generale. In un anno in cui ho dovuto rompere e combattere con editori (mercanti in fiera direi…) che sono sempre di più una pallida rappresentazione di quel ruolo, che sono concentrati solo su prodotti commerciali e all’acqua di rose, che non pagano, che sfruttano, sentire quelle parole di Annamaria e vedere l’appassionato lavoro fatto insieme con Raffaella Pusceddu (anche lei un’autrice preziosa) e Luigi Montebello, regista bravissimo e di belle speranze con cui avevo già lavorato a Rec è stata per me una cura. Si una vera cura. Nonostante le difficoltà. Perché anche se 45 minuti scivolano via veloci, dietro c’è un lavoro veramente complesso.
Ho scelto ancora una volta che mi affiancasse Simona Petricciuolo alla quale chiedo scusa per le tante situazioni “al limite” in cui l’ho coinvolta, ma che spero sia contenta perché credo ne sia valsa la pena. “Sound of gangs” è un lavoro tra l’inchiesta e il reportage che volevo fare da tempo e questa trasmissione a cui stiamo lavorando da mesi e che ha ancora due belle puntate in gioco, mi ha permesso di realizzarlo al meglio. Dentro ci sono tanti fatti inediti, tante notizie, tanti personaggi che non è scontato che si concedano ad un giornalista e ad una telecamera. E c’è un racconto di una generazione che sempre più spesso rischia di perdersi. Perché si nasce in contesti complicati o perché si è vittima di fascinazioni pericolose. Se non c’è possibilità di vivere una infanzia ed adolescenza “piene” o ci sono poche opportunità o se si muore per caso o per niente o non c’è libertà di esprimersi beh, allora c’è una grossa violazione dei diritti umani. Il sottoproletariato mafioso genera bande criminali di giovanissimi capaci di inconsapevole crudeltà. E questo avviene in tutto il mondo.
Ho scelto Napoli e Londra perché della prima sanno tutti e la seconda registra numeri incredibili (oltre 100 morti all’anno per le gangs e quasi tutti sono ragazzini con meno di 21 anni). Le ho scelte per l’originalità della drill music e per le storie che rappresentano.
Voglio fare un po’ di ringraziamenti. A chi ha lavorato al programma e che però non si vede mai: Cecilia Feriozzi, Manuela Sinibaldi, Monica Pacini per la produzione (impareggiabili problem solver tra l’altro) e Duilio Francioli per il montaggio (mi ha sopportato per giornate intere in due lunghe fasi di lavorazione). Poi i colleghi che ci hanno dato spazio: Radio1 Rai con Moka e Giovanni Acquarulo, RaiNews 24 con tutta la squadra e il mitico direttore Andrea Vianello e l’amico mio Vittorio Di Trapani, Ciro Oliviero con il suo giornale, TPI che sono un’altra bella famiglia e il direttore Giulio Gambino, i miei amici di Report e il big boss Sigfrido Ranucci. Grazie per il supporto a Salvatore Presutto e Anna Maria Giaquinto e anche a Davide Mamone, con cui spero di lavorare presto. Grazie a Massimo D’Ambra, Paola Zukar, Real – Salvatore Bocchetti, Vale Lambo, Andrè – Andrea Schiavone, Carlo Epifani e Antonio Bosso del Il Tappeto di Iqbal, Sheldon Thomas di Gangsline, Corey Johnson, Lorraine Jones, Jermain Lawlor, Davide Palmisano e tutti i testimoni che ho dovuto coprire per motivi di sicurezza e tutela della fonti. Un ringraziamento speciale a Susy Sannino e al piccolo Manuele (della Fondazione Famiglia di Maria) che con generosità hanno raccontato un pezzettino della loro vita per avere speranza e darne agli altri regalandoci un finale emozionante. Infine ringrazio ognuno di voi, amici e non, che avete avuto un commento, uno sguardo, l’attenzione per il nostro lavoro. Metto per ora un punto ad un anno difficilissimo per tanti motivi per provare a ricominciare tra qualche settimana. Spero che il Fattore Umano abbia lunga vita. Nel frattempo se volete la puntata è già su RaiPlay o cliccando sull’immagine qui sotto.
