Le immagini della meravigliosa città privata del suo calore e della sua folla e il brano di Pino Daniele interpretato da Assia Fiorillo.

(7 aprile 2020) – C’è una città aperta, come lo fu la Roma di Roberto Rossellini e di Anna Magnani. Una città da liberare dalla solitudine. Sofferente e languida, segreta e ferma. Una città che aspetta. «Anna verrà, col suo modo di guardarci dentro, dimmi quando questa guerra finirà». La voce è sola e il cuore si ferma. Sospeso difronte alla malinconica bellezza di Napoli, della poesia di Pino Daniele e del canto di Assia Fiorillo. Non tutti possono. Attraversare le strade vuote, dal rione Sanità a Via Caracciolo, da Scampia al centro storico è come guardare questa quarantena che ci ha colti di sorpresa e ci ha cambiato tutto. Passano settimane che sembrano un giorno solo e quel giorno non si stacca mai dalle pareti mentre la notte somiglia a quelle descritte da Alda Merini: sembra che non accada mai. E la città sprofonda in un innaturale e inaudito silenzio. Non ci sono bambini, né scugnizzi e non ci sono piazze trasformate in campetti per giocare a pallone. E noi pochi camminiamo possedendo le strade e perdendo identità: senza volto, sorrisi, bocche, nasi. Solo occhi che si evitano. Napoli è ormai quasi sempre così, come non la conosciamo, senza i suoni che si infrangono sulla sua bellezza. I vicoli mercatali con le file sottili e vicine alle botteghe non sono usuali. Nonostante certe cronache. Anzi sono l’eccezione figlia di una struttura urbanistica complicata e di disposizioni poco a misura d’uomo e di rione. In fondo anche la coda al supermercato diventa un modo di inventarsi qualcosa per non essere più soli. Il giorno pieno di sole che la canzone aspetta, si vive negli ospedali, dove accanto alla sofferenza e alle difficoltà c’è una comunità scientifica, riscatto del sud, che è viva e cerca cure e soluzioni alla pandemia. Il giorno pieno di sole è sui balconi dove la comunità parla, organizza, tende la mano, aiuta chi ha bisogno. Perché c’è chi ha fame. È nei laboratori dove si stampano le valvole per i respiratori. La speranza allora non è più un concetto astratto. «Noi che abbiamo un mondo da cambiare, noi che ci emozioniamo ancora davanti al mare». Nella bolla di azzurro all’improvviso c’è una coppia di anziani. Chissà cosa sono l’uno per l’altra. Ma sono insieme sul bordo del bagnasciuga. Sono distanti e indossano la mascherina. Si leggono a vicenda le notizie, sfogliando lentamente e minuziosamente il giornale. Una complicità preziosa. Forse hanno una casa piccola o vivono in un basso o forse sono i guardiani dei gozzi. «Sarà un giorno pieno di sole, e allora si, ti cercherei, forse per sognare ancora (…) e per sorridere di questa libertà». A dispetto dell’arpeggio quasi ossessivo della chitarra di Raffaele Vitiello, anche le onde mantengono la distanza: sono lente e docili come l’anarchia congenita di una città che si arrende ai divieti per il bene di tutti. Intanto il tempo passa dritto in quello stesso unico giorno, sempre quello che non si stacca dalle pareti, dove non si sente lo scirocco. Anna, dimmi se è così lontano il mare…

Qui il video: https://video.corriere.it/cronaca/anna-verra-poesia-una-napoli-deserta-che-aspetta-cambiamento/2a0cca5a-78b3-11ea-ab65-4f14b5300fbb