Le detenute del carcere di Fuorni, a Salerno, dove scoppiò la prima rivolta. «Ne facciamo 300 al giorno. Ci sentiamo utili e diamo una mano a chi è fuori in difficoltà»

(17 aprile 2020) – «Almeno così mi sento utile. Riesco a dare una mano a chi sta fuori ed è in difficoltà». Jessica ha 26 anni, già 5 alle spalle dietro le sbarre e molti altri davanti da scontare. «Ho fatto tanti errori (viene da un contesto di camorra ma oggi non ha paura di dire che la mafia è il male), e vorrei rimediare». Lo dice mentre le sue mani curate e tatuate spingono l’orlo della mascherina sotto la macchina per cucire. «Oggi ne abbiamo già fatte 200. In genere a fine giornata arriviamo a 300», spiega Bruna dagli occhi a volte sorridenti altre volte profondamente malinconici e una condanna per associazione per delinquere finalizzata allo spaccio.

Sono le detenute del carcere di Fuorni, a Salerno, il primo penitenziario dove scoppiò la rivolta il 7 marzo scorso dopo l’annuncio che a causa dell’emergenza covid 19, non ci sarebbero stati più colloqui. Fu in realtà una rivolta con gravi conseguenze sulle infrastrutture ma inscenata solo da una trentina di detenuti. Alcuni addirittura misero in salvo degli agenti della polizia penitenziaria e per questo per loro è stato proposto un encomio. La sezione femminile non ha mai partecipato alla protesta.

Qui il video: https://www.corriere.it/video-articoli/2020/04/17/carcerate-che-fanno-mascherine-tenete-duro-ve-diciamo-noi-che-stiamo-dentro/b114df66-809b-11ea-ac8a-0c2cb4ad9c17.shtml