C’era la polvere al rione Luzzati e c’è ancora. Come se tutto fosse fermo, come se non ci fosse vento. Una polvere che fluttua nell’aria, che posandosi ingrigisce le case popolari, una patina sui muri, sulle finestre, sui campanili delle chiese, sulla gente. Il quartiere napoletano che fa vivere le storie de «L’amica geniale» , nel romanzo di Elena Ferrante e poi nella serie di Saverio Costanzo, lo ritrovi nella polvere, che sembra una presenza innocua e invece divora tutto. È un’altra Napoli, quella che non vedi mai, che non è ancora abbastanza periferia est, ma che proprio come quella zona è già dimenticata e sembra lontanissima. E invece la Stazione Centrale è a due passi. Quella senza lungomare liberato, ma con un lungo-discarica abusiva che dall’altra sponda si offre ai bambini rimasti nel quartiere popolato per lo più da nonni soli. I ragazzini si ritrovano tutti i pomeriggi all’oratorio o nei campetti di calcetto toccati da quella passeggiata per automobilisti e per gli spavaldi e impuniti trafficanti di rifiuti speciali.