Uonderuò

Allora… si sa che a me piacciono poco le chiacchiere e tanto quelli che fanno cose pratiche. Anna Riccardi è una di queste. Prima di arrivare alla sede della fondazione “famiglia di Maria”, che una volta era un orfanotrofio, bisogna attraversare un rione detto della “furnaria” perché una volta lì si faceva il pane. E oggi che si fa? Poco, molto poco. Potrei dire che di si spara, ci sono le stese.

E non lo direi per dare un connotato necessariamente negativo ad un rione, marchio gomorrista alla gente che vive lì. Lo direi perché è vero, succede e la gente subisce. San Giovanni a Teduccio, Napoli est. C’è molto poco da fare. Lo Stato si sente a corrente alternata e per lo più sono passerelle.

Però da poco tempo c’è l’università, c’è il centro con la scuola di formazione della apple. Per arrivarci attraversi strade dove sui muri si legge “w la coca”, “w il boss” o i nomi delle famiglie di camorra come i Formicola o i Rinaldi (poi non chiedetemi perchè oltre che bello è importante il lavoro di Jorit a Napoli Est). Mancano punti di aggregazione dove far ritrovare le donne che in quartieri come quelli si portano sulle spalle esistenze di famiglie intere e i bambini che sono invece “prodotti” interessanti per i clan (che schifo dire così ma per queste merde è così).

E allora è in posti come questo che c’è bisogno di persone che fanno le cose. Come Anna, ma anche come Carmela Manco che poco distante ha fatto un altro miracolo con i “figli in famiglia”. Anna con fatica ha ristrutturato un edificio in semi abbandono e ora il quartiere ha una biblioteca, sale per fare tante attività, un’area protetta per le donne che subiscono violenza e devono incontrare gli psicologi, un campetto di calcio, una sala proiezioni. E quella matta se ne inventa una più del diavolo per portare dentro le persone del quartiere. Per esempio, ieri alcune mamme mi hanno detto: “nooo o fatt e chist, Anna fa tante cose.. Alla festa delle donne ha fatt venì un truccatore per insegnarci a truccare. E’ Stato bello e oggi siamo tornate per una cosa più importante e ci è piaciuto. E poi a verit a signor? Chell nun si sapev truccà, ascev semp chin e suonn… E mo invece a verit quant è bell!”. Ecco, ho pensato, con un pretesto leggero e utile è entrata nelle corde di quelle donne che oggi sono venute a sentire me che parlavo di violenza di genere e altre donne partecipi del progetto “@una carezza in un pugno. E quanto è stato bello vedere i bambini, le mamme (ben truccate), gli insegnanti, i volontari, scatenarsi sulla musica delle Mujeres creando. Che bello vedere Assia Fiorillo che ballava e le ridevano gli occhi in mezzo a tanta gente entusiasta. Quasi un momento catartico dopo tutto il male che avevo mostrato io. Solo loro, con quel cuore, potevano. Perfino Simona Pertricciuolo che ha uno sguardo sugli eventi sempre analitico e razionale si è sciolta: “ja dallo anche a me l’adesivo di Uonderuo’”. Chi è Uonderuo’? La supereroina voluta da Anna che mostra i superpoteri che gli uomini non vogliono condividere tipo lavare i piatti, stirare e così via… Un tema molto sentito in platea tanto che quando Assia, prima di cantare “la cruna di un ago” ha detto che se in famiglia ti dicono che sono le donne che devono lavare i piatti, è solo una questione di punti di vista differenti, di sguardi differenti, che si possono cambiare, si è avviato il dibattito in platea. La reazione delle signore dietro di me è stata sorprendente: “Aeee… avissa venì nu poc a casa mia all’ora e cena… Ma mo quasi quasi ce la faccio sentire sta canzone a mio marito”.
Io ho cercato di stare nel mio e far vedere le cose che so e che ho raccontato conoscendole direttamente e così le ragazzine nigeriane violentate e messe su strada, quelle che io dico che sono “prostituite” e non prostitute, la prostituta invece che sceglie di farlo ma che si ribella alla volontà di un uomo e riceve un colpo di pistola in testa, la moglie e mamma innamorata che per vent’anni viene picchiata da suo marito, le suore torturate in convento. Ho scelto la via della realtà e quella strada lì è cruda. C’erano dei bambini e io non è che non ci abbia pensato, ma ho scelto questa strada perché così non dimenticheranno e perché in fondo a certi linguaggi del dolore sono abituati: le strade di San Giovanni spesso di insegnano e ti impongono un’educazione criminale che non lascia scampo e che ti fascia il cuore. Oppure ti fa reagire come per Anna Balbi che si impegna e si batte per la sua terra già a 12 anni e Mattarella l’ha giustamente nominata Alfiere della Repubblica e ieri ho avuto la fortuna di abbracciarla. Mi è sembrato che ci fosse attenzione e per me questo è un grande privilegio. Grazie Anna Riccardi, a te e tutte le piccole, grandi donne che da protagoniste o da spettatrici attive hanno partecipato. Grazie a quel maschione di Giuseppe Manzo che si è preso cura di tante cose. Prendendo spunto dagli insegnamenti di una grande donna che è mancata da poco, Anna Costanza Baldry, ho invitato tutte ad essere più insubordinate a dire basta a sottomissioni, controllo, a parlare, alzare la testa, abbattere le disuguaglianze sociali ed economiche, e soprattutto a decidere per sé. Felici, Libere, Insubordinate.
Foto belle belle di Simona Petricciuolo