Se una ragazza vittima di tratta entra al Quirinale e può prendere la parola… si lei, nera, puttana, schiava, fragile, sfregiata ma coraggiosa, liberata… se succede questo quello è lo Stato. Io c’ero e l’ho visto. Forse serve toccare il fondo in in paese, come sta accadendo, perché succedano cose così straordinarie e uomini giusti che le realizzino.
Il presidente Sergio Mattarella lo ha fatto togliendo all’8 marzo il vestito della festa e segnandolo come una giornata di impegno e responsabilità. Un solco enorme tra i messaggi di odio che arrivano da altri pezzi delle istituzioni. La schiavitu’ è un tema che andava fatto entrare nelle case della gente, andava detto che i clienti delle prostitute spesso minorenni, sono quegli uomini che vanno a fare la spesa, che accompagnano i figli a scuola e al catechismo e che poi caricano queste ragazzine sulle loro auto anche se piangono, anche se hanno i lividi, anche se hanno i capelli strappati. Così come non si può far finta di niente se in pochi giorni due donne vengono uccise dagli uomini che avevano accanto o che una ragazza venga violentata e torturata dai genitori perché lesbica. E non possiamo girarci dall’altra parte difronte a politiche medioevali: il disegno di legge Pillon crea disuguaglianze e mette in pericolo le donne e i soggetti deboli. Leggetelo, Informiamoci, capiamo, reagiamo e teniamoci per mano. Oggi la parola delle donne non era quella delle ministre, delle parlamentari, delle attrici, delle giornaliste, delle cantanti, delle artiste, delle tantissime eccellenze della scienza e della cultura, delle esponenti delle forze dell’ordine, che pure c’erano. Questa volta erano lì per ascoltare perché la parola delle donne era quella di Hope e Stefania, una nigeriana e l’altra bulgara, rese prostitute anche da noi.