I raid dei baby boss sugli scooter con pistole e mitragliatrici nei quartieri di Napoli. Le rivelazione di un giovane presente durante alcuni di queste incursioni criminali.
(29 giugno 2016) –
«Arrivano in 10 sui motorini con le mitragliatrici in pugno, le pistole in alto e sparano, sparano finché non esauriscono i caricatori. Su di noi, sulla gente che passa arriva una pioggia di proiettili in tutte le direzioni possibili. E può succedere che qualcuno, come i bossoli, rimanga sull’asfalto». Parla con gli occhi chiusi, quasi come per ricordare meglio i dettagli, come quando gli è capitato di vedere il corpo di un amico a terra tra sangue e coriandoli di piombo. E’ nato nel rione Sanità e lì sopravvive da sempre questo ragazzo di 26 anni che ha paura di essere riconosciuto ma che ha voglia di raccontare come si convive con le “stese”. Si chiamano così i raid intimidatori che le paranze (i gruppi di fuoco) dei clan della nuova camorra, compiono per terrorizzare e controllare il territorio e lanciare messaggi di morte alle bande rivali. Nessun riguardo per gli innocenti che possono finirci in mezzo: nel calcolo della “stesa” c’è anche il rischio di una strage: «Quelli fanno il loro lavoro, per il momento sparano e poi si vede. Anche Genny Cesarano è morto così e ci sono ragazzi colpiti per sbaglio mentre buttavano l’immondizia o passeggiavano nel rione», spiega il nostro testimone.
Rioni a rischio
Nessun quartiere a Napoli sembra essere immune da questo fenomeno: negli ultimi giorni ci sono state ben sei “stese” a distanza di poche ore nel rione Traiano, zona flegrea come testimoniano tappeti di colpi di kalashnicov vicino ai territori di conquista dei clan Vigilia e Sorianiello, stessa storia a Pianura dove si fronteggiano i Marfella e i Pesce contro i Miele. Qualche settimana fa a Secondigliano, i proiettili di una “stesa” si conficcarono nell’auto con a bordo una donna e il suo bambino e che solo per puro caso non furono centrati dalla raffica. Nello stesso quartiere, pochi giorni prima, una ragazza affacciata al balcone rimase ferita. La stessa cosa accadde a Ponticelli ad una donna alla finestra e pochi giorni dopo addirittura fu una bimba ad essere colpita a Barra, sempre a Napoli est. Non si contano poi le stese dei banditi del clan D’Amico e dei Di Micco al Conocal di Ponticelli e nei dintorni. Nel centro storico c’è una strada, via Oronzio Costa, denominata la via della morte dove si sono affrontati a suon di “stese” i Sibillo e i Buonerba.
Il musicista ucciso
E una delle prime “stese” riportate dai media costò la vita al musicista rumeno Petru Birladeanu. In quel raid nei Quartieri Spagnoli e nella Pignasecca fu ferito anche un ragazzino. Anche nell’ordinanza che due giorni fa ha portato all’arresto di esponenti del clan Lo Russo si parla di una “stesa” che è costata la vita ad una donna anziana, sbalzata via dalla moto su cui viaggiavano i pistoleri. «Non avevano a chi uccidere questi qua – commentò il boss Carlo Lo Russo, intercettato dalle forze dell’ordine – hanno ucciso una vecchia». Si chiamava Giovanna Paino: dopo averla travolta, l’hanno abbandonata in strada ed è finita dopo tre giorni di sofferenze in un letto del II Policlinico. Non c’è un barlume di umanità, nelle azioni come nei discorsi, osserva il coordinatore della dda di Napoli Filippo Beatrice. A lui che fu il pm di “Gomorra”, il magistrato che mise a segno indagini e arresti nella faida tra Di Lauro e gli scissionisti, tocca ora tirare le fila di questa nuova camorra, un agglomerato di bande senza strategia. «Sono spietati e imprevedibili. La nostra difficoltà sta proprio nel capire le loro mosse e per questo motivo stiamo spesso agendo con dei provvedimenti di fermo, senza aspettare che maturino i tempi di un’ordinanza di custodia cautelare. Da un altro punto di vista però ci rendiamo conto che sono persone che dal punto di vista criminale sono probabilmente meno strutturate dei camorristi di qualche anno fa. C’è stato però un aumento della violenza, c’è una maggiore crudezza, non c’è più senso di pietà».
Le intercettazioni
«Seguitelo appostatelo, scendete e bumbumbum», dice in una delle intercettazioni disposte dal pm della dda Enrica Parascandolo, mamma camorra, Dora Spina, incitando il figlio all’azione, in una delle intercettazioni che si possono ascoltare nella videoinchiesta che pubblichiamo su corriere.it. «Le loro azioni – continua Beatrice – creano allarme sociale perché mettono a rischio la vita della gente. Purtroppo non riusciamo ad avere un aiuto dalle persone che vivono e subiscono la violenza di questi gruppi criminali perché hanno paura». «Nella Sanità è un continuo tra agguati e raid ingiustificati. Loro scendono e sparano. – spiega il nostro testimone – Hanno armi da guerra ma nessuno lo dice perché si rischia di diventare degli obiettivi. C’è stato un ragazzo che ha provato a raccontare che è dovuto sparire dalla circolazione. Ecco perché non posso farmi vedere. Ho paura e penso che se non ci riesce lo Stato a fermarli certamente non possiamo farlo noi che siamo gente normale».
La videoinchiesta: http://video.corrieredelmezzogiorno.corriere.it/stese-camorra-napoli-testimone-sparano-all-impazzata-non-importa-chi-colpiscono/3a788ed6-3d0e-11e6-a6dc-7932fef2dbf2